july [ci sono fumi che non posso toccare] (2018)
Il lavoro, composto da fotografie e scansioni, unitamente ai quadretti contenenti gli elementi vegetali e animali (le zampe di cavalletta), intende evocare un universo fatto di parole sussurrate dal profondo di un abisso e gioca sulla dissonanza cognitiva che un fiore colorato come un papavero riesce a provocare se presentato in questa oscura veste infernale.
Ispirata dal componimento “Poppies in July” di Sylvia Plath, l’autrice ha realizzato un serie di immagini che ritraggono elementi botanici, umani e animali (zampe di una piccola cavalletta). Si tratta di immagini o in bianco e nero oppure caratterizzate da un particolare viraggio rosso, ottenuto tramite una post-produzione apposita.
Occhi che si sciolgono, bocche che nascondo sorprese, mani che accolgono pezzi di animali: questa parte surreale si ricollega alla declinazione oppiacea del papavero, il cui significato etimologico, seppur incerto, pare rimandi al concetto di “succo pernicioso”, con riferimento a quella sostanza che si estrae dai semi e che può provocare un forte effetto stupefacente, finanche la morte.
La stessa morte che la poetessa ha trovato poco dopo aver scritto questa poesia (un anno dopo), nella quale indubbiamente affiora il disagio psichico di una donna fatta a pezzi e rinchiusa in una teca di vetro (del resto, “The Bell Jar” è il titolo del suo unico romanzo